Per una riforma dei beni comuni

Ieri alla sala Nassirya del Senato abbiamo presentato, alla presenza di due “mostri sacri” del diritto, Stefano Rodotà e Giovanni Conso, i senatori piemontesi Mauro Marino ed Enzo Ghigo e i capigruppo Anna Finocchiaro (Pd) e Felice Belisario (Italia dei Valori), la Proposta del Consiglio regionale del Piemonte al Parlamento: delega al Governo per la riforma dei beni comuni.

Mentre alla Camera è stata approvata fra molte polemiche la discussione servizi pubblici (incluso quello idrico), al Senato e’ stata assegnata in commissione il 17 novembre la prima proposta di legge al Parlamento ad iniziativa regionale ai sensi del nuovo art. 121 Costituzione (Federalismo).
Si tratta di una novità costituzionale assoluta emersa a coronamento di un lungo processo condiviso da forze politiche di maggioranza e opposizione, e di altissimo profilo tecnico-scientifico iniziato nel 2006 presso l’ Accademia Nazionale dei Lincei con la presentazione del Conto Patrimoniale della Pubblica Amministrazione (voluto dall’ allora Ministro Tremonti), proseguito con la Commissione Ministeriale per la Riforma dei “beni pubblici” istituita presso il Ministero della Giustizia nel giugno 2007, e coronata in questa prima fase da un voto unanime del Consiglio Regionale del Piemonte in data 13 ottobre 2009.
La riforma, presentata da me come primo firmatario e da consiglieri regionali piemontesi di tutti gli schieramenti, relatore Giampiero Leo (PDL), con la partecipazione del Professor Stefano Rodotà Presidente della Commissione che ha redatto il testo della proposta legislativa fatta propria dal Consiglio regionale del Piemonte e del Presidente Onorario dell’ Accademia Nazionale dei Lincei (nonchè Presidente Emerito della Corte Costituzionale) Giovanni Conso, e’ volta ad affrontare i nodi cruciali della buona amministrazione e gestione dei beni pubblici e comuni nell’ambito di un quadro normativo organico, coerente con il quadro costituzionale ed affidato al Codice Civile (Titolo II del Libro III), il nucleo del nostro ordinamento positivo.
Mentre molto si polemizza sull’incapacità del nostro sistema di proporre riforme strutturali condivise, ecco presentarsi in Senato un’occasione pressochè unica di far tesoro di anni di lavoro e di riflessione informata al solo interesse pubblico portata avanti nel quadro di un dialogo costruttivo al più alto livello fra mondo accademico e mondo della politica.
I principi che informano il disegno di legge delega proposto dalla Commissione Rodotà e fatto proprio dalla proposta di legge regionale possono portare ad una riforma capace di contribuire significativamente a mettere in ordine i conti pubblici con risparmi di spesa o nuove entrate prodotte da una buona gestione di lungo periodo del patrimonio pubblico stimate nell’ ordine dei miliardi di Euro da diversi economisti che hanno contribuito ai lavori presso l’Accademia dei Lincei (dati su Mattei-Reviglio-Rodotà, Invertire la Rotta. Idee per la riforma della proprietà pubblica, Il Mulino, Bologna, 2007 e idd., Dal governo democratico dell’ economia alla riforma dei beni pubblici, Bardi, Accademia Nazionale dei Lincei 2010)
Infatti soltanto regole nuove più efficienti, sostenibili e condivise sul demanio e sul patrimonio pubblico pensate in un quadro generale di riforma del Codice Civile attento al bene comune e all’ equilibrio generale del sistema possono consentire di valorizzare in un unico quadro normative coerente, garantista ed al passo coi tempi, ricchezze pubbliche essenziali quali le risorse naturali, l’ acqua, le grandi infrastrutture, i beni funzionali all’ erogazione del welfare, e la proprietà pubblica immateriale e molti altri, uscendo da una logica settoriale di improvvisazione ed abbracciandone una di sistema.