Mancato patrocinio al cinema gay.

Il voto sull’ordine del giorno, di cui ero primo firmatario a scrutinio segreto ha dimostrato ancora una volta la spaccatura che attraversa la maggioranza. Ai 21 voti a disposizione dell’opposizione hanno corrisposto 25 si, 6 gli astenuti, 20 i no. Significa che almeno 10 consiglieri della maggioranza hanno appoggiato l’ordine del giorno o si sono astenuti, contravvenendo al voto contrario richiesto dai capigruppo su un tema così importante che riguarda i diritti di tutti e i valori.
L’ordine del giorno é stato bocciato per un solo voto. Ma le divisioni del centrodestra restano evidenti.
La giustificazione tecnica con cui la maggioranza ha bocciato l’ordine del giorno, dopo il susseguirsi di riunioni interne e di telefonate infuocate da parte del presidente Cota con minaccia di dimissioni, non può nascondere la verità politica di questa scelta: é la rottura con una storia e una tradizione di rispetto dei diritti delle minoranze attuata dal centrosinistra e che nella Regione Piemonte ha travalicato le maggioranze diverse, come dimostrano i patrocini di Enzo Ghigo e Giampiero Leo.
Mentre il sindaco leghista di Verona, Flavio Tosi, sostiene uno spettacolo teatrale con tematiche omosessuali perché, spiega, “sono il sindaco di tutti e devo tutelare i diritti di tutti”, il leghista Roberto Cota impone il ritiro del patrocinio al cinema Gay nonostante le numerose voci di dissenso nella sua maggioranza.
La giustificazione tecnica adottata dal centrodestra non regge. Tanto é vero che lo stesso assessore Coppola si é sentito in dovere di comunicare agli organizzatori il ritiro del patrocinio, e lo ha anche dichiarato agli organi di stampa.
E’ stata dunque la scelta politica di una maggioranza che sceglie di negare il patrocinio a un festival che fa onore a Torino e al Piemonte in tutta Europa.
Una maggioranza che tenta, senza riuscirci, di nascondere le sue forti divisioni dietro a paraventi che non reggono. Che utilizza la cultura non come strumento di maturazione e di crescita di una comunità, ma come triste occasione di negazione delle minoranze e dei loro diritti.